Quando ci vogliono, ci vogliono

 

Un metodo disciplinare che accende ancora focosi dibattiti è senza dubbio il ricorso alla sculacciata…giustificato con la frase “Quando ci vogliono…, ci vogliono”…

E non li dovrebbe accendere in quanto non è per niente un metodo disciplinare, è solo e soltanto violenza e i violentati: 1) appena possono si ribellano ai violentatori; 2) saranno loro medesimi violenti. Quindi se volete figli violenti… picchiateli spesso.

 

Vogliamo vedere un attimo queste ultime due affermazioni, la prima: “I violentati si ribellano ai violentatori”?

Sappiamo tutti per esperienza che con la “forza” si ottiene tutto e subito, ma… chi la subisce – giustamente – appena può, reagisce e lotta contro l’oppressore.

 

Sara lui medesimo violento?

Ormai la cosa è largamente dimostrata: i figli dei genitori maneschi faranno altrettanto.

 

Ma come si giustificano le botte?

Alcune motivazioni sono comuni e incomincerò proprio da queste sottolineando che – nel nostro modo di vedere – si tratta di giustificazioni frutto di idee negative, che classifichiamo sotto la voce, appunto, di pedagogia negativa.

La più diffusa è: Lo faccio per il suo bene e un domani mi ringrazierà, il che sarebbe come dire che non ci sono alternative, che non si può fare diversamente, che per educare bene un bambino bisogna per forza prenderlo a sberle. Si può invece educare in altro modo certo ci vuole più pazienza, maggior tempo, più costanza, ma dà risultati sicuri e duraturi.

La più interessante è: Fa più male a me, che a lui. L’ho sentita parecchie volte ed è detta dal genitore che vorrebbe dimostrare un autentico amore al figlio. Sono, invece, parole che suonano profondamente false. Sarebbe molto meglio dire che ho perso la pazienza e glielo ho suonate.

Un’altra giustificazione è: Lo sculaccio così capisce. Il guaio è che non capisce, capisce altro, cioè che ha un genitore indegno del suo ruolo.

Ma c’è anche: Lo picchio quando lui picchia la sorellina. Certo che dargliele per insegnargli a non farlo è di una “logica” davvero… illogica.

E l’ultima che cito (ma ce ne sono altre) è: Io stesso le ho prese tante volte e … mi ha fatto bene! In fondo in fondo non sono venuto proprio male…”: ma sarebbe cresciuto meglio senza botte… indubbiamente.

 

Per esempio mettiamo che io papà, scopro mia figlia 13enne che fuma, due ceffoni possono essere utili a ricordarle che in Italia muoiono 80mila persone all’anno a causa delle sigarette?

Certamente non la inducono a smettere di fumare se non vuole, lascia il sapore del proibito e la volontà di non farsi scoprire.

 

Mettiamo che ci siano motivi gravi di sicurezza…

   C’è, a tal proposito, chi sostiene che quando è in gioco la sicurezza, le percosse fisiche possono servire a inibire un comportamento immediatamente molto pericoloso. Ad esempio se proprio davanti a casa mia passa la ferrovia e i binari non sono protetti, il divieto di andarvi è totale. Se mio figlio ci va… alcuni sonori e robusti sculaccioni servono a fissare quel comportamento come pericoloso e tutto sommato a salvarlo da un grave pericolo. Questa è indubbiamente un’obiezione seria che ha ragioni da vendere, ma ancora una volta non sarà la violenza a risolvere il problema; chi l’ha detto che avendolo percosso l’avrà capita e non lo farà più? Molti casi dimostrano che così non avviene.

 

Ma quando dici… dici… dici e non ti ascoltano forse c’è un solo modo per dimostrare che si fa sul serio… o ce ne sono altri?

Ce ne sono altri…

 

Vediamoli

Li abbiamo già detti troppe volte, ma ripetiamoli:

– mai dare un ordine, se non si è in grado di farlo rispettare (siccome verrà rispettato, non ci sarà bisogno di castighi né fisici né di altro tipo);

– in caso di errore evitiamo l’immediato castigo, ma chiediamo precisa volontà di rimediare;

– ricorrere alle mani dimostra che la forza è un modo (indegno) per risolvere i problemi, ma non insegna, come vorremmo, che è possibile adottare invece metodi pacifici;

– quando siamo arrabbiati e in collera, la cosa migliore è uscire di scena e rientrarvi quanto abbiamo ritrovato la calma;

– dopo essere stato sculacciato difficilmente un bambino si sentirà portato a impegnarsi per rimediare e per evitare quel comportamento; non impara il comportamento corretto. Insegniamoglielo invece, addirittura “facendolo” fisicamente. Se ha attraversato la strada senza guardare, rifacciamo con lui il percorso, ripassiamo ogni singola azione; camminiamo insieme, all’incrocio attraversiamo solo quando appare l’omino verde, lanciamo uno sguardo dietro l’angolo a prima di imboccare quella via stretta e pericolosa e concludiamo con: Domani quando vai a scuola verrò di nuovo con te, dopodomani ti guarderò a distanza e poi finalmente potrai andare da solo, perché ormai sei grande”.