I cattivi compagni

 

Siamo tutti molto preoccupati dei compagni che frequentano i nostri figli e lo siamo a ragione perché sappiamo che l’influenza degli amici ha un peso importante nelle decisioni che prenderanno quando non ci saremo noi.

È noto a tutti l’effetto branco che porta i ragazzi a fare cose che non farebbero mai in presenza dei genitori: nel gruppo sono più facili i comportamenti a rischio, cala la responsabilità personale e l’emulazione fa la sua parte. Fare quello che il gruppo chiede è essere accettati, riconosciuti, valorizzati ed evitare critiche, ironie, sarcasmi, umiliazioni.

Ma, se è vero che non possiamo tenere i nostri figli fuori dal contatto con gli amici e quindi dai cattivi esempi che talora (non sempre) danno, è altrettanto vero che la nostra “influenza” è superiore a quella dei coetanei. Se abbiamo, con la nostra azione educativa, dimostrato idee ben chiare, comunicato buoni principi, applicato buone regole … anche se si comportassero male …, proprio allora avranno la consapevolezza di sbagliare, di non fare bene, di essere fuori dal lecito e da quanto la famiglia ha proposto. E se questa convinzione si presenta subito, già dal primo comportamento trasgressivo … proprio questa sarà un buon incentivo per abbandonarlo. Certo, i nostri valori vanno rinforzati, ripetuti, riproposti.

Occorre allora spegnere tivù, telefonini, video-giochi e social, almeno durante i pasti principali, per parlare ai figli, per consentire loro di dire quello che esperimentano, di fare delle domande, di discutere con noi. E se noi saremo bravi ad accettare provocazioni e contestazioni come “opportunità educative”, li aiuteremo a trovare una soluzione ai loro problemi e proporremo i nostri consigli.

Quando sono fuori, poi, possiamo far sentire loro la nostra presenza semplicemente perché noi sappiamo dove sono, con chi sono e a che ora tornano. Informazioni che non possono mai mancare per tenerci emotivamente a loro vicini. Questa vicinanza ci consente un giusto controllo che non può mancare anche per regolare gli spazi di autonomia che loro rivendicano e che noi concediamo a patto che rispettino le regole.

Si può, infine, stabilire un “rituale” per il rientro; quantomeno possiamo chiedere che si facciano sentire per la buona notte. Questo serve a ricordare loro che qualcuno li attende, a verificare il rispetto dell’orario stabilito per il ritorno a casa e a rassicurare papà e mamma che sono tornati: sani, salvi e… sobri.