La gita scolastica

 

La fine dell’anno scolastico è il “classico” periodo delle gite scolastiche (o meglio – come le chiamano i “professori” – dei Viaggi di Istruzione). Sempre in queste occasioni c’è la visita a musei, mostre e quant’altro… ma i nostri ragazzi che cosa ne pensano?

Proprio la settimana scorsa le maestre di una scuola primaria mi mostravano il tema di un alunno che, parlando della visita a Torino (Sindone, S. Maria Ausiliatrice, Museo Egizio, Mole Antonelliana e Museo del Cinema) aveva scritto, testuali parole: La cosa più interessante (parla del Museo Egizio) è stata la scritta EXIT). Per il resto nulla… molte parole invece sul viaggio in pullman con i compagni, la vita di una giornata insieme, ecc. Ricordo anche un fatto accaduto parecchi anni fa: un alunno, visitatore di un museo, ha bucato, con la matita, un celebre quadro. Ha fatto bene! È il commento della ragazzina (14 a.) che sta seduta a tavola con mamma e papà. E si potrebbero citare molti altri episodi analoghi… comprese le nostre esperienze da studenti.

 

Che possiamo fare?

Analizzare gli errori per proporre contemporaneamente alcuni cambiamenti che orientino al positivo, cioè ai comportamenti educativamente utili. Abbiamo sbagliato come genitori, perché non ci è mai capitato di tornare da un’esperienza di accesso all’arte talmente carichi di soddisfazione da parlarne a lungo, da desiderare di ripeterla presto, da suscitare interesse e curiosità in nostra figlia, (quella che disse: Ha fatto bene); tanto interesse… da farle dire: Vengo anch’io. Allora, se la prima visita ad una pinacoteca avviene con una coppia di genitori entusiasti e preparati, in grado loro medesimi di fare da “cicerone” alla loro ragazzina, sicuramente questa non produrrà buchi nelle preziose tele, ma sarà anche il primo approccio alla soave soddisfazione di “gustare” l’arte… e tutto questo semplicemente perché i nostri figli si fidano di noi e, spontaneamente, “vivono appassionatamente ciò che ci appassiona.

 

Forse qualcosa ha da cambiare anche la scuola?

Abbiamo sbagliato, anche, come scuola, perché trasmettiamo nozioni e non amore. Abbiamo fatto comperare un costoso, pesante e inutile libro di storia dell’arte. Abbiamo portato scolaresche intere a visitare sproporzionate quantità di opere senza una meta condivisa con gli alunni che continuano ad includere la visita nella ben più allettante “gita scolastica”. Certamente bisogna riscoprire la bellezza di andare a Parigi esclusivamente per godersi la Gioconda che conosciamo, che amiamo e che – finalmente – possiamo incontrare di persona.

 

E i musei, i gestori delle pinacoteche, ecc. ecc., anche loro hanno qualcosa da cambiare?

Abbiamo sbagliato, infine anche come Musei, ecc. perché abbiamo accolto le scolaresche e le abbiamo affidate ad una “guida” che ha seguito il solito percorso fatto di spiegazioni e parole nelle quali la tecnica di stesura del colore o dell’applicazione dell’intonaco sembrano prevalere sul messaggio dell’artista. L’approccio attivo (tramite ad esempio laboratori didattici che consentano di produrre l’arte) è il primo passo verso il successivo incontro con le opere di cui il museo è ricco.

 

In conclusione… dobbiamo cambiare qualcosa anche nell’educazione artistica?

   Allievi ed educandi hanno un cattivo approccio con musei, biblioteche, gallerie, mostre, santuari,  perché il nostro comportamento è confusionario, tiepido, insulso, banale, tradizionale ed insignificante. Chissà cambiando i comportamenti di mamma e papa, cambiando i comportamenti di insegnanti e guide… chissà che non nasca una generazione di bambini, ragazzi, preadolescenti e giovani che non solo frequentino siti artistici senza stufarsi, ma anche desiderino parteciparvi come fruitori e come creatori loro medesimi dell’arte praticata attivamente.