Da subito per prevenire le stragi del sabato sera

 

Il comportamento dei giovani alla guida dell’automobile, quante preoccupazioni! Quante ansie per mamma e papà! Io (papà o mamma) posso fare qualcosa per proteggere quel figlio o quella figlia che a 18 anni ha conseguito la patente e comincia a guidare?

Prendo l’avvio dal documento “Orientamenti per la Pastorale della Strada” del Pontificio Consiglio dei Migranti (datato 24.05.07), per citare subito il n. 19: Chi conosce Gesù è prudente sulla strada. Non pensa soltanto a sé e non sempre è assillato dalla fretta di arrivare. Vede le persone che lo “accompagnano” per la strada, ognuna con la propria vita, il desiderio di arrivare, e i propri problemi. Le vede tutte come fratelli e sorelle, figli di Dio e questo è l’atteggiamento che connota l’automobilista cristiano.

 

Ma dove sono i “cristiani sulla strada”? Ma che ne sa mio figlio 18.enne? Che cosa dice la Chiesa? 

Dove sono i cristiani sulla strada? Me lo chiedo ad ogni viaggio, me lo chiedo davanti alle “stragi del sabato sera”, davanti al figlio di un caro amico che ho appena accompagnato al Camposanto e veramente devo fare una certa forza su me stesso, per parlare di questo argomento; preferirei tacere e chiudermi nel silenzio. Tuttavia al dovere di proporre alcune riflessioni di pedagogia positiva non posso sottrarmi; perché, se noi avessimo idee belle e stabili, se noi diventassimo veramente “testimoni autorevoli” per i giovani, le loro condotte cambierebbero anche per ciò che riguarda i comportamenti a rischio.

Devo cominciare coll’affermare che, nella quasi totalità di quello che vedo, sento e leggo, perseverano alcuni errori pedagogici di fondo:

– dobbiamo intervenire sui figli,

– dobbiamo vietare ai giovani,

– dobbiamo reprimere con forza,

– la scuola, la polizia, lo stato, la scuola, la Chiesa devono fare qualcosa e subito.

Sì e poi sì; dobbiamo intervenire sui nostri figli; dobbiamo affrontare questi problemi allo scopo principale di “formare” e, formando, di prevenire.

Sì e poi sì; dobbiamo impedire la guida a chi è alterato da alcool o droga.

Sì e poi sì; dobbiamo esigere controlli molto severi sulle strade.

Sì e poi sì; gli insegnanti ed i catechisti, gli agenti ed il governo, devono attuare una grande campagna di informazione, prevenzione, educazione dei giovani; ma anche di repressione, perché (sì e poi sì) bisogna fermarli prima che …

E allora dove sta l’errore? L’errore sta nel fatto che nessuno di noi è disposto a dire: Io c’entro, io sono responsabile. Ne volete un esempio? Ciascuno, nell’ambito delle proprie competenze, deve operare al fine di creare una coscienza generale e pubblica per quel che riguarda la sicurezza stradale e promuovere con tutti i mezzi, una corrispondente ed adeguata educazione dei conducenti, dei viaggiatori e dei pedoni. Così presenta il documento succitato il Card. Martino. Il guaio è che nessuno pensa che: Quel conducente, quel viaggiatore o quel pedone da educare, sono io.

Io?- sbalorditi tutti replichiamo – Io che ci posso fare? Io dico che dovrebbero intervenire, multare, cacciare in galera, ma io non posso farlo, magari potessi! (pedagogia negativa).

E pensare che sarebbe così facile sostenere che io – nel mio piccolo – posso fare molto (pedagogia positiva) cominciando a cambiare il mio modo d’uso della strada e di conseguenza quello che trasferisco ai figli, ai giovani e alle altre persone che incontro mentre guido. Sarebbe davvero proficuo dire che io voglio (e so che posso) essere un guidatore ”cristiano”. Sembra addirittura troppo semplice: i genitori sono in grado di prevenire i comportamenti a rischio dei figli (e dei loro amici) cambiando quel che pensano e quel che fanno loro medesimi, papà e mamme.

 

La pedagogia negativa, ovvero dove sbagliamo nell’educazione alla “prudenza nella guida”?

   La domanda è: Quali miei comportamenti sono portatori di esempi negativi per i miei figli e/o per i ragazzi o giovani che mi osservano? Veramente ce ne sono una montagna, ma siamo impegnati ad occupare per la pars destruens meno spazio che per la pars construens, dunque andremo per schemi.

Il nostro comportamento in auto è – più o meno – il seguente (purtroppo anche con i figli a bordo):

– scarso rispetto per le norme, bullismo in strada, cinture slacciate nel 40% dei casi;

– sorpassi con linea continua, accompagnati da ingiurie ed improperi a chi va troppo piano;

– limiti di velocità considerati un optional;

– molta attenzione a scrutare eventuali pattuglie della polizia;

– fari ad intermittenza, appena oltrepassato il posto di blocco;

– viaggi da… a…, in tempi incredibili;

– telefonino all’orecchio ad ogni squillo;

– parolacce quando arriva un’infrazione con relative minacce: Disgraziati, ma “io” faccio ricorso!;

I nostri messaggi nei riguardi dell’alcool non sono da meno:

– una bevuta ogni tanto non fa male, lo dicono anche i medici; fa male bere troppo, tutti i giorni.

Ecco le parole che diciamo nei riguardi del rispetto della vita sulla strada:

– finiscono sotto gli imbranati che attraversano senza guardare; i morti sulle strade…ci sono e non si possono eliminare; ma a me non capiterà mai.

Infine il nostro modo di pensare nei riguardi delle droghe:

– quelle leggere bisogna liberalizzarle, come nei paesi più evoluti;

– le droghe pesanti sono una malattia e noi possiamo solo puntare alla riduzione del danno legalizzandole, così da porle sotto rigido controllo statale.

Certo non ci identifichiamo in “tutti” i casi descritti; ma in qualcuno, indubbiamente sì.

 

Ora siamo pronti ad incamminarci sui sentieri della proposta positiva?

Sì.  Perché: È chiaro, a questo riguardo, che una pedagogia a favore della cultura della vita, in difesa del comandamento “non uccidere” è sempre più necessaria (Orientamenti, n. 37).

 

La pedagogia a favore della cultura della vita, quali comportamenti ci indica?

La domanda è: Che possono fare i genitori per contribuire all’azione di prevenzione che lo stato, la scuola, gli agenti dell’ordine, la scuola e la Chiesa stanno facendo?

1) Ebbene noi possiamo fare molto, togliendoci da subito l’abito dell’impotenza. Possiamo e dobbiamo esser convinti che la nostra azione, modello sempre più credibile, è efficace e dà risultati concreti. Il nostro comportamento impeccabile sulla strada è un obbligo educativo al quale non possiamo sottrarci come genitori, come cittadini e come uomini di fede.

2) Noi possiamo introdurre da subito per noi stessi comportamenti stradali consoni al ruolo educativo e al nostro dirci cristiani, cioè possiamo e dobbiamo rispettare rigorosamente le regole della strada sempre; ma – a maggior ragione – quando abbiamo bambini a bordo.

3) Scegliamo la “misura e la sobrietà” anche per ciò che riguarda l’automobile, se in famiglia ne basta una, una ce ne sia. Al momento dell’acquisto preferiamo la sicurezza alla vanità dell’auto di lusso.

 

Un genitore che ha ancora il ragazzo in età preadolescenziale come può “preventivamente” impartire insegnamenti adeguati a orientare verso un comportamento stradale corretto?

Dobbiamo – poi – “preventivamente” fare nostre alcune idee che ci aiuteranno nel comportamento quando sarà l’ora, per i nostri giovanotti, di usare la macchina.  Per esempio:

  1. a) l’inizio delle lezioni di guida è un momento veramente propizio per parlare del codice della strada, discutere, analizzare comportamenti e modi di essere automobilisti capaci; perciò la scuola guida può essere pagata dai genitori (semplicemente perché è scuola), ma a precise condizioni che regoleranno l’uso dell’auto quando l’agognato obiettivo della patente sarà raggiunto;
  2. b) è un grave errore pedagogico (sottolineo grave errore) regalare l’auto (magari di alta potenza) al figlio/a, con la scusa che è maggiorenne o che ha raggiunto la maturità (scolastica intendo); limitiamoci a concedere per una (o due) sere la settimana l’auto di famiglia con il dovere sacrosanto di non usarla se serve ai genitori e nel rispetto della norma che impedisce ai neopatentati di guidare, per un anno, auto con potenza superiore ai 50 Kw;
  3. c) è altrettanto un errore regalarla al figlio/a che la debba usare per lavoro; vendiamogli/le magari la nostra (che pagherà – a valore di mercato – con una ragionevole quota mensile), oppure firmiamo l’avallo per il prestito bancario; ma non priviamo il/la neo-lavoratore/trice della gioia, della fierezza, dell’autostima di essersi comprato la sua prima automobile, certo a rate; ma questo acquisto lo racconterà anche ai suoi nipotini;
  4. d) manteniamo la buona abitudine che già abbiamo instaurato secondo la quale “nella nostra famiglia, tutti sanno sempre dove sono tutti; perciò questa sera (supponiamo che sia sabato) il giovanotto esce con la macchina di papà, dice dove va e a che ora torna; il papà e la mamma sono con i loro amici (e dicono a tutti dove) fino alle 11; la sorella sta in casa della zia e dormirà con le cugine; il fratellino più piccolo lo portiamo, fino alle 11, dalla nonna…; il quarto, per ora sta benone nella pancia della mamma; quel che conta è che siamo comunque presenti gli uni agli altri, siamo famiglia.

 

Alcool e le droghe. Come si può essere “maestri” di comportamenti corretti?

  1. a) Possiamo scegliere la “casa senza alcolici”; nel senso che non ne abbiamo e quando vengono gli amici offriamo succhi di frutta, bitter analcolici, tisane o il classico inossidabile caffè; b) in strada scegliamo il “tasso zero” cioè di non bere alcool mai, nemmeno al ristorante; quando la famiglia esce, per festeggiare un lieto evento, il babbo può gentilmente chiedere alla mamma – oppure (sarebbe meraviglioso) al figlio neopatentato – se vuol guidare uno dei due al rientro, in tal caso si concederebbe un bicchiere di buon vino, la mamma ed il giovanotto, è noto, non bevono vino neanche a tavola; c) nessuna, infine, accondiscendenza verso le droghe, cioè “tolleranza zero”; un uomo vero, un ragazzo in gamba, simpatico, allegro e capace; un professionista stimato e competente non ne parlano nemmeno; semplicemente sanno che tutte fanno male e rovinano la vita di chi si accosta a queste sostanze, che non sono “stupefacenti”, ma semplicemente “tossici” che prima o poi – in un’escalation subdola e continua – dopo averti distrutto sul piano umano e sociale, ti portano alla morte.

 

Infine, come sempre, che può fare la scuola?

Infine l’accento va posto anche sul ruolo insostituibile della scuola, che forma e informa. È soprattutto a scuola che il bambino può cogliere, per tempo, il fondamento etico dei problemi del traffico e il perché delle sue regole. A scuola si apprende che i problemi del traffico appartengono al più vasto campo delle problematiche della convivenza umana, per la quale la prima urgenza è il rispetto degli altri. A scuola si apprende l’autolimitazione cosciente nell’uso e nel godimento dei beni comuni, vi si deve imparare la cortesia e la grandezza d’animo nelle relazioni umane (Orientamenti, n. 72). Ricordo – a tal proposito – agli insegnanti che tutte le Istituzioni Scolastiche, dalla scuola dell’infanzia agli istituti di istruzione superiore, hanno l’obbligo di dare attuazione agli specifici programmi di “educazione stradale” previsti dalla legge (D.to Intermin.le 5 agosto 1994