Anche in educazione occorrono misura e sobrietà

 

Fino ad ieri ci siamo lamentati di genitori assenti; di genitori che lasciano fare, che non dicono i dovuti no o sì. Ci sono anche quelli troppo presenti? Che intervengono sempre per ogni cosa? Che fanno tutto loro?

   Ci sono, ci sono… ed il rischio che stiano sempre con il fiato sul collo del figlio è reale e controproducente.

Due sono le idee pedagogiche, talvolta radicate negli educatori, che proprio non riesco a condividere e la prima riguarda l’opinione che per educare occorra agire sui figli (già detto, troppe volte). L’educazione non è fatta che in minima parte di azioni sugli allievi, ma soprattutto di interventi su di noi, sulle nostre idee, sui nostri comportamenti educativi che non possono esser frutto del caso, della fretta, delle decisioni assunte all’ultimo momento.

La seconda riguarda l’idea che per una buona educazione dei figli bisogna fare, consigliare, dirigere, insegnare, e così via. Ma sarà proprio vero? O è lecito provare ad introdurre alcuni concetti di “moderazione” anche negli interventi educativi.

Una pedagogia preventiva positiva questa volta, che non si propone di consolidare ed estendere idee e atteggiamenti buoni, ma vuole analizzare comportamenti, di per sé non negativi, ma spesso ridondanti. Condotte rette, di cui si deve però stabilire il limite proprio per non correre il rischio di avere risultati controproducenti per eccesso di presenza.

 

Misura e sobrietà, dunque, rivolte prima di tutto verso di noi, educatori?

   Una coppia di genitori che vogliano scegliere la misura e la sobrietà anche nell’educazione interviene primariamente su se stessa perché è modificando noi medesimi che cambia quanto si trasferisce ai figli (già detto, troppe volte, anche questo). Tale coppia rileva poco le cose che si fanno di malavoglia, perché i figli sono poco incoraggiati dalle cose che noi riteniamo ingiusto subire, ma amano molto le cose fatte con entusiasmo, energia, amore. Litiga poco, perché i ragazzi apprezzano poco i genitori in disaccordo, ma ammirano molto persone capaci di affrontare i problemi come una sfida che vale la pena di accettare. Si lamenta poco, perché i figli prestano poca attenzione ai borbottamenti che non cambiano nulla, ma imitano chi, costatata una cosa che non va bene, si dà da fare per cambiarla. È poco sospettosa, perché poco è stimato chi è diffidente, ma molto ci si fida di chi dà certezze, sicurezze, ottimismo. Ha una forte speranza nella vita, perché sa che ce la farà, perché getta la rete del suo matrimonio e della vita in generale sulla Sua parola, perché ha fiducia sempre; fiducia e speranza nel futuro che consente di compiere meno sbagli, perché male si impara dagli errori, al contrario molti stimoli positivi arrivano dalle cose che riescono bene. Infine prende gli impegni lavorativi o extrafamiliari necessari ma non di più, perché i figli acquisiscono ben poco da genitori assenti, ed hanno invece bisogno di presenze di qualità.

 

Limiti ed essenzialità sono necessari anche per ciò che riguarda gli interventi educativi rivolti ai figli?

Anche nei riguardi degli interventi sui figli qualcosa è da limare proprio per evitare una crisi di rigetto. Papà e mamma devono essere presenti, ma senza soffocare. Questi genitori predicano poco, perché i giovani ascoltano poco, ma molto interiorizzano quello che i genitori vivono. Insegnano poco con le esortazioni verbali, perché i bambini imparano poco dalle parole, ma assimilano molto dai comportamenti concreti. Intervengono poco con le soluzioni precostituite, perché i figli imparano molto a fare facendo loro stessi, in ciò ben incentivati dai genitori. Comandano poco, perché nessuno ubbidisce a chi dà troppi ordini, ma molto si è orientati a fare ciò che è chiesto con fermezza, pacatezza, ragionevolezza. Castigano poco, perché hanno molto investito per stimolare al positivo i propri figli. Fanno poche promesse, perché i piccoli accettano poco le delusioni, ma molto accolgono da comportamenti coerenti con quanto stabilito. Rimandano poco, perché i bambini credono poco alle cose che non si faranno mai, ma aspirano molto a ciò che comincia adesso e continua. Fanno pochi regali e promettono pochi premi, perché sono scarsamente favoriti i comportamenti sorretti da premi o regali, ma tutti gradiscono un dono che ricevono inaspettatamente, soprattutto quando meno se lo meritano. Danno pochi giocattoli e pochi video-games, perché i bimbi non si divertono con i giocattoli che tra l’altro poco permettono di creare, ma apprendono più piacevolmente dai giochi che si fanno con poco materiale mai costoso, con gli amici, con i genitori ed i fratelli. Tengono poco nell’appartamento i loro bambini, perché sanno che non imparano a vivere stando in casa attaccati alla gonna della mamma, ma crescono di più frequentando gli altri bambini a scuola, ma anche per strada, all’oratorio, al parco giochi, nelle case degli amici e coetanei.

 

Anche a scuola?

   Certamente anche a scuola un minor grado di direttività non farebbe male, associato ad un più alto livello di lavoro autonomo degli studenti singoli od in gruppo.