Litighiamo per l’educazione dei nostri figli

 

Questo capitolo e i successivi, numerati con XXI-XXXI-XLI-LI-LXI-LXXI, trattano della famiglia. Entriamo subito in argomento. Tutti i coniugi litigano tra di loro per l’educazione dei figli, è giusto? È normale?

Papà, mamma e la bambina sono seduti a tavola, ma la piccola non vuole mangiare. Il padre pensa che ha deciso dirompere”, anche se le ha detto che è stanco.

La mamma sbotta: Piantala, mangia, smettila, non ne posso più e tu che sei il padre dille qualcosa. Ma lui non dice e guarda la tv e a questo punto parte una sberla.

Il marito se la prende con la moglie e ne segue una bella litigata davanti alla bambina.

 

Ma quali sono i principali motivi per cui papà e mamma litigano a motivo del figlio?

Primo motivo: litighiamo perché nostro figlio è un bene troppo grande; un po’ come Peppone che avendo vinto al totocalcio affida i suoi soldi a don Camillo, poi torna per controllare che li abbia nascosti bene e ritorna, per farli vedere alla moglie, e definitivamente li ritira, perché se al parroco venisse un accidente come potrebbe dimostrare che sono i suoi?

Litighiamo (secondo motivo) perché ognuno di noi è affetto da quel peccato originale che si chiama “superbia pedagogica”. Se ci chiedono chi è il più bravo nella coppia a educare i figli, la risposta sarà sicuramente: Io! Non è una tragedia, basta saperlo e comportarsi adeguatamente, tenendo cioè presente che per ogni intervento di altri su mio figlio io sono spontaneamente portato ad assumere un atteggiamento critico.

E, terzo motivo. Litighiamo perché siamo in ansia. Vediamo più un futuro minaccia che un futuro promessa e questo ci mette a disagio. L’ansia è una cattiva compagna di strada e cerchiamo di riversarla sul coniuge, al quale volentieri addebitiamo presunte incapacità educative per tranquillizzare noi stessi.

 

Quando fa male litigare?

Fa male ai figli, quando si litiga in loro presenza perché il rischio che si sentano colpevoli dei nostri dissapori è reale.

Fa male ai coniugi, se avviene in termini di reciproche accuse, quando l’uno biasima l’altro e l’altro critica l’uno, se si scatena una reazione oppositiva per cui tu dici una cosa ed io sostengo l’opposto, se l’uno getta discredito sull’altro togliendogli autorevolezza nei riguardi del figlio, se esiste nel conflitto la sola volontà di dimostrare che ho ragione io.

 

E quando invece non fa male?

Non fa male discutere, anche animatamente, ma sempre lontano dai figli, se c’è concreta volontà di “gestire il problema” trovando insieme la soluzione possibile, nell’ambito di una “visione pedagogica preventiva”.

 

E che cosa vuol dire gestire il problema?

Vuol dire avere “imparato a litigare”, nel senso che siamo capaci di contendere con finalità costruttive. Gestire il conflitto causato dai figli significa essere consapevoli che “il bene è troppo grande”, che sono affetto da “superbia pedagogica”, che “sono in ansia” per il domani.

 

Ma basta esser consapevoli dei nostri difetti o occorrono anche azioni concrete?

Se si sono compiute queste prime azioni di pedagogia preventiva, si possono fare poi i successivi passi di pedagogia positiva.

Il primo passo è “l’accordo sui grandi valori”. Cosa che già i neo-genitori dovrebbero aver consolidato da fidanzati è l’accordo sui grandi valori della fede, del mondo, della vita, della storia, dell’amore e della famiglia. La nostra fede è sicura, granitica, certa. Il mondo non va a rotoli, io posso e voglio migliorarlo. La vita è un bene immenso, posso fare della mia vita un capolavoro. La storia dell’uomo è finalizzata a un bene eterno. Il nostro amore è grande, siamo una bella famiglia, e così via.

Il secondo passo è “il rispetto dell’autorevolezza del coniuge”. Davanti al bambino non ci sono rimproveri né per la moglie né per il marito, perché se noi litighiamo davanti a lui non facciamo il male mio, o di mia moglie, ma il male del nostro piccolo.

Il terzo passo è “l’accordo sui problemi particolari”. Siamo d’accordo che le normali divergenze vanno gestite puntando al problema, non alla persona. Se la lampadina che il marito ha cambiato rimane spenta non lo si aggredisce dicendogli che non è capace di fare nulla in casa, si tratta solo di un semplice guasto da riparare, ci si riprova o si chiama l’elettricista. Quando discutiamo occorre stare al tema del contendere, senza andare ad attribuire generali colpe che esulano dall’argomento.

 

Ma papà e mamma devono accordarsi “preventivamente” su tutto? E se su molte cose non sono d’accordo che si fa?

Ma chi l’ha detto che bisogna essere d’accordo su tutto? Su molte cose marito e moglie devono avere idee diverse, la divergenza non è un problema, è semmai una risorsa per il bambino che deve avere modelli differenti: sappiamo bene che in tutte le famiglie uno dei due coniugi è più disponibile, maggiormente espansivo e aperto, ma questo non è un danno bensì una diversità che risulta arricchente.

 

Quale può esser il risultato di un simile cammino?

Il risultato è il quarto passo che i coniugi possono fare ed è sintetizzato dalla frase: Incredibile, siamo d’accordo! I passi precedenti debitamente compiuti possono portare alla stupefacente scoperta che si può procedere in sintonia perfino senza consultarsi.

 

Vogliamo chiudere con la solita nota per gli insegnanti?

Anche gli insegnanti hanno in affido un bene troppo grande. Anche loro non sono immuni dalla superbia pedagogica e non sono nemmeno esentati dal provare ansia davanti al grande compito che li attende. Genitori e insegnanti possono e debbono fare insieme i quattro passi che abbiamo sopra elencato. Accordo sui grandi valori, accordo sull’autorevolezza dell’educatore genitore e insegnante, accordo/disaccordo sui problemi particolari. Tutto ciò per camminare sulla strada che li porterà alla fine a constatare con gioia che sono d’accordo con i genitori e i genitori sono d’accordo con i docenti.