Oratori Emergenza o missione? (b)

 

L’Emergenza educativa, se ne fa un gran parlare. C’è? Com’è? Colpisce anche le strutture educative della Chiesa? C’è, e – se non prestiamo molta attenzione – può colpisce anche le nostre realtà parrocchiali, anche di periferia o di provincia. Ne ha parlato anche il Papa, nella lettera alla diocesi di Roma. Ma il Papa ha ben sottolineato che: “Educare è un compito al quale non possiamo sottrarci, delegando ad altri o – peggio – trascurandolo. E la chiesa oggi non può rimanere indifferente non tanto e non solo perché si percepisce un allarme sociale, ma soprattutto perché la “natura“ della sua pastorale è preliminarmente educativa.

   Per la chiesa, l’educazione è semplicemente la sua missione di sempre. “Gli oratori non esistono per rispondere ad eventuali emergenze educative: l’educazione è la vocazione dalla Chiesa, dell’Oratorio; nasce dal fonte battesimale di una Chiesa che è madre”. Così don Amerigo Barbieri, il 28 ottobre 08 al Convegno di Travagliato per il ventennale del Progetto Educativo dell’Oratorio. L’Oratorio, dunque, come strumento e metodo privilegiato che la Chiesa si è data per vivere la propria missione educativa dei giovani, in sintonia con le famiglie e la scuola. Oratorio come risposta ancora valida alla sfida educativa che oggi più di ieri interpella o provoca le nostre comunità cristiane.

Perciò, pur nella situazione attuale, l’oratorio non deve accostarsi ai temi educativi in termini di emergenza.

Non deve; per evitare opzioni pedagogiche negative, ritorni all’autoritarismo e cose simili.

Non può e non deve, per non correre il rischio (che ormai è diventato una “moda”) di definire come bullismo tutti i comportamenti problematici dei giovani d’oggi, come se i Lucignolo di Pinocchio o i Franti di Cuore fossero modelli letterari di angioletti, o come se chi oggi ha i capelli grigi non avesse avuto compagni (o non avesse avuto lui stesso) situazioni familiari o sociali di difficoltà. Certo allora non c’era Youtube sul quale pubblicare le proprie imprese, ma fa lo stesso: la quasi totalità dei nostri ragazzi fuggono il bullismo e lo disapprovano.

Non può e non deve, perché l’educazione con i suoi capisaldi (centralità della persona e della relazione interpersonale e di gruppo, pluralità di presenze e di attività educative anche associative, modi di agire caratterizzati da accoglienza e proposta) è fondamento del metodo e dello stile oratoriano.

Ci sono però delle difficoltà, ma tutti noi intuiamo che l’Oratorio ha ancora molto da dire e da dare alla Chiesa, alla famiglia ed alla società contemporanee. Al tempo stesso – però – vediamo in certe parrocchie oratori semideserti o chiusi, registriamo alcune esperienze classiche che restano senza sostenitori e proposte nuove far fatica ad affermarsi. Certamente molte cose sono cambiate negli ultimi venti anni e qualcosa dobbiamo cambiare anche noi.

Innanzitutto sono diminuiti i sacerdoti, in particolare i curati e le suore (cosa che ci ha fatto temere per la sopravvivenza stessa degli oratori). Poi sono nate le “Unità Pastorali”. Poi è profondamente cambiato il contesto sociale che è sempre più multietnico, multiculturale e plurireligioso. Le dinamiche familiari non sono più – nel bene e nel male – quelle di una volta: c’è tra i cristiani più consapevolezza della scelta di fede, impegno serio in parrocchia, nel volontariato e nel sociale; si nota anche, dopo l’allontanamento adolescenziale dalle pratiche religiose un “ritorno” dei giovani diventati genitori; c’è un’ottima presenza al cammino di Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi (ICFR) anche da parte dei genitori, ecc.

Ma c’è anche indifferenza, relativismo, egoismo, separazioni, divorzi, convivenze; la comunicazione sociale è diventata se possibile, ancora più banalizzante e diseducativa (Tv, Internet, sms); l’età dell’adolescenza arriva sempre prima e finisce sempre più tardi; è nato il nomadismo dei giovani in luoghi “non luoghi” di un presunto divertimento senza senso e pericoloso.

 

Una situazione in “cambiamento” che chiede di valorizzare con scelte di pedagogia positiva quanto di bene e di buono la nuova realtà propone per individuare nuove risorse, nuovi progetti, nuove forme di servizio.

   Allo scopo può essere utile porre di nuovo all’attenzione delle parrocchie, dei catechisti, dei genitori e degli educatori il Progetto Educativo dell’Oratorio. Tornare periodicamente a riflettere sulle brevi ma intense pagine iniziali del PEO dedicate all’identità della Chiesa universale, diocesana e parrocchiale, al suo rapporto col mondo nell’ottica del Vaticano II, alla natura educativa della sua proposta pastorale rivolta alla globalità della persona inserita in una comunità e in un territorio, potrebbe aiutare singoli e parrocchie (a partire dai Consigli Pastorali) a evitare confusioni e riduzionismi, distrazioni e deleghe del tipo: “Ci pensi il curato, se c’è; ci pensino quelli dell’Oratorio, se ci sono…”.

Ci può, anche quest’anno, soccorrere il tema dell’anno oratoriano 2008/’09, incentrato sull’evento dell’Annunciazione. L’affinità tra il momento dell’Annunciazione e la nostra fatica educativa è evidente: l’angelo sembra quasi impaurito al pensiero che una ragazza debba sopportare le sorti dell’umanità; Maria all’annuncio prova una sorta di timore e chiede spiegazioni; ma se in questa “fatica” interviene Dio la storia cambia. “Crediamo ancora che Dio esista anche nelle vicende educative dei nostri ragazzi?”.
L’icona che ha accompagnato l’anno oratoriano 2008/09 (Annunciazione del XIII sec., Chiesa di S. Zenone a Brescia) suggerisce a noi tutti alcune considerazioni conclusive per sostenere la nostra passione educativa in un contesto percepito come emergenziale:

  • l’angelo porta l’annuncio, ma la parola esce direttamente dalla bocca di Dio per raggiungere Maria;
  • l’educatore dice una presenza, ma non è l’artefice dell’atto educativo e non possiede il messaggio: “É Dio che educa il suo popolo, non noi…anche oggi”;
  • l’angelo poi entra in punta di piedi, delicatamente, rilevando il senso del mistero dell’educare, del rispetto dovuto all’educando; ci dice che il primo atteggiamento educativo non è agire, ma contemplare. “Siamo ancora consapevoli che i nostri ragazzi sono un tesoro, o viviamo l’atto educativo semplicemente come un dovere o, peggio, come un problema da risolvere?”

E anche noi chiudiamo con questa consapevolezza che si fa auspicio e augurio per il rilancio dei nostri Oratori.