Mi provoca

 

«No, non lo faccio! Sei scema!». Così ieri la mia bambina. Ci sono rimasta malissimo e – quasi in lacrime dalla rabbia – l’ho sculacciata ben bene… Perché mi ha risposto cosi?”.

Per prima cosa: ha fatto male a picchiarla, perché tutti gli educatori non possono che essere totalmente contrari a qualsiasi forma di violenza, anche quando sono intimamente e profondamente toccati.  Alla domanda perché? Posso rispondere:
– voleva qualcosa… e cercava una scorciatoia per ottenerla subito (ha già infatti esperienza che con i capricci si ottiene);
– ha risposto impulsivamente (spesso anche noi reagiamo senza pensare e questo i nostri bimbi lo imitano);
– voleva vedere che cosa succedeva se diceva “scema” alla mamma (quasi un test per metterla alla prova);
– per verificare se si comportava come la maestra, quando un suo compagno ha detto la stessa parola (la maestra ha mandato il discolo nell’angolino in fondo);
– aveva un problema che non sapeva affrontare (a volte le reazioni negative nascono da un disagio inespresso);
– era arrabbiata per qualche motivo (e doveva comunque sfogarsi);
– le era appena capitato un fatto spiacevole (e non sapeva come uscirne);
– voleva esercitare un potere sulla mamma (“sa” che se vuole “può” mandarci in collera e farci fare cose che noi non accettiamo); ecc.

Indipendentemente dai motivi, va sottolineato che per noi è facile, leggere il comportamento come una manifestazione di ingratitudine estrema; ma bisogna dire che i bambini piccoli, pur amandoci immensamente, non “sentono” il dovere di esserci grati e ritengono che quanto facciamo sia semplicemente da farsi. Quel che conta in questi casi è stare molto attenti a non cascare nel tranello della provocazione; perché, se si innesca il meccanismo “Io ti provoco e tu reagisci” la storia non finisce più; comincia nell’infanzia e continua nell’adolescenza. Meglio contare fino a trentadue e aspettare che il nostro animo offeso si plachi. Quando ci si è calmati il primo obiettivo da perseguire è “rendere inefficace il comportamento aggressivo”, cioè non cedere: le abbiamo negato l’acquisto di una barretta di cioccolato alle nocciole, mai e poi mai il suo insulto le farà avere quello che desidera. Le abbiamo detto che è ora di smettere di giocare in cortile e di salire in casa perché il pranzo è pronto, così sarà e l’aggressione non ritarderà per niente quanto richiesto. E così via. Se i comportamenti violenti sono (come i capricci) improduttivi siamo certi che un poco alla volta (e abbastanza presto) si estingueranno.
Poi, semplicemente è il momento di dire: “Tu lo sai che in questa casa ci si rispetta perché ci si vuole bene… quindi sarà la prima e l’ultima volta che ti comporti in questo modo! Ok?”.
E qui aspettiamo ciò che dice la bimba perché se riconosce di aver sbagliato e si impegna a non ripetersi, la faccenda è finita. Ovviamente se succedesse ancora, non ci arrabbiamo, non la picchiamo, semplicemente le ricondiamo che la promessa precedente non è stata rispettata e la castighiamo con una punizione che riteniamo giusta e che, ne siamo sicuri, faremo rispettare.