Lo studio è lavoro

 

La sig.ra Rachele (il nome è di fantasia), mi chiede se può essere uno stimolo allo studio premiare in denaro i voti scolatici positivi e, contemporaneamente, decurtare la paghetta nel caso di valutazioni negative. Così le è stato consigliato per superare le difficoltà che suo figlio incontra in talune materie… Pertanto Rachele potrebbe dire al figlio: “Lo studio è lavoro, dunque ti do una regolare paga! Da oggi sei un lavoratore che va – invece che in fabbrica – a scuola dove acquisirai capacità, esperienza, conoscenze, ecc.”.

Preciso subito che il fine di qualsiasi nostra azione educativa (anche dare la paghetta) non tende a fa sì che nostro figlio si comporti bene (si impegni a scuola) perché teme il castigo (riduzione della paghetta) o desidera il premio (aumento della medesima)… noi vogliamo che arrivi a comportarsi bene (studi con diligenza e responsabilità) perché ha capito che questa è la cosa migliore per lui. Il comportamento buono e corretto diviene così parte della sua personalità essendo egli convinto che quello è ciò che gli dà le migliori soddisfazioni e che gli permette di vivere bene. Sia pure con queste convinzioni i momenti di disimpegno non mancheranno, ma li vivrà come negativi e con la volontà di fare meglio in futuro. Nostro figlio studente più che incentivi economici vuole essere valorizzato, stimato, lodato quando fa bene; ha bisogno di sentire che i genitori lo ritengono intelligente, abile, buono, spigliato, allegro, capace di cavarsela bene nella scuola e nella vita secondo i principi della pedagogia positiva di cui abbiamo tante volte parlato. Detto questo veniamo alle difficoltà scolastiche: spesso, queste, sono una “spia” od “un campanello d’allarme” di altri disagi o problemi e in questo caso i soldi proprio non servono, ci vuole invece vicinanza, comprensione, aiuto, consiglio, ecc., ecc. In altri casi può essere necessario l’“affiancamento” nella metodologia di studio, nelle motivazioni, nell’indirizzare verso il “gusto” dell’impegno anche scolastico per cui risolvere un difficile problema di matematica, (come fare un’ottima interrogazione o scrivere un bel tema, ecc., ecc.) può dare gioia ed appagamento. Ci sono infine ragazzi (lo sappiamo tutti) nella vita avranno magari successo; ma non sono “tagliati” per la scuola con le sue pretese nozionistiche, lontane dal concreto “fare” verso il quale si sentono portati. Perciò, in conclusione chi vuole sperimentale la ‘retribuzione del lavoro scolastico’, lo faccia; ma sia molto prudente, i risultati non sono garantiti e potrebbero esserci “effetti collaterali” negativi.