Ubbidienza con le buone o con le cattive?

 

Come nasce e come si sviluppa l’attitudine all’obbedienza?

L’influenza dei genitori sulla nascita e sullo sviluppo del senso del dovere (che poi è quello che spinge a ubbidire) è enorme se non decisiva. In parole semplici: alla nascita e fino a due anni circa il bambino non ha il senso del dovere (e nemmeno ha il senso di colpa), sappiamo per certo che a sei anni li avrà acquisiti entrambi. Chi li fa nascere? Indubbiamente il mondo sociale in cui vive e precipuamente i familiari. Se una persona spontaneamente amata e stimata (come il papà o la mamma) propone un certo comportamento come doveroso, il bambino è portato a seguirlo e, se lo rimprovera perché non fa quello che “deve”, nasce il senso di colpa. La prima morale del bambino è quella dell’obbedienza (senso del dovere) anche quando non ubbidisce (senso di colpa); certo, lo sappiamo tutti, che imparerà immediatamente dopo che può anche non ubbidire per ottenere quello che vuole, che imparerà presto quei comportamenti trasgressivi che lo hanno portato a soddisfare i suoi desideri.

 

Dunque una grande responsabilità dei genitori e degli educatori della scuola dell’infanzia, che cosa possono fare in concreto?

In concreto direi che i primi a ubbidire devono essere proprio i genitori…

 

Non capisco! I genitori e gli educatori devono “loro” ubbidire?

Sì, siamo noi che dobbiamo – prima di tutto – ubbidire a noi stessi nel senso che: se abbiamo detto no, sia no e basta; se abbiamo detto sì, lo sia sempre senza discutere.

           

Continuo a non capire… Facciamo un esempio?

La mamma è al supermercato e il piccolo chiede l’orsetto di peluche, lei dice di no. Il piccolo inizia a piangere e la mamma cerca di zittirlo, ma quello persevera e attira l’attenzione di tutti. Chi deve ubbidire? La mamma o il bambino? In questo caso è la mamma che deve ubbidire a se stessa. Se ella è coerente, lui capirà che non è quella la strada per ottenere ciò che vuole e il comportamento indesiderato un poco alla volta si estinguerà.

 

Se la mamma cede…

Lui alla fine sarà accontentato “perché così la smette, e non mi fa fare figure”. Il comportamento aggressivo ha avuto successo! Il bimbo tenderà a ripeterlo e non solo nelle medesime condizioni (luogo affollato in questo caso) ma anche in condizioni analoghe; ed ecco che la sera, chiede di restare alzato ancora un po’. Il papà dice di no ed ha serie intenzioni di “ubbidire a quello che egli medesimo ha stabilito”. Insiste un po’, poi perde la pazienza e minaccia: Ti porto di peso e non mi fermo neanche un secondo con te e la mamma: No! Non sgridarlo, poverino, lo accompagno io, che tu non sei capace.

Ecco, il figlio ha imparato che può sfruttare le situazioni a suo vantaggio.

 

Ammesso che gli educatori siano “obbedienti” ai sì e ai no che dicono, se danno un ordine, come lo fanno eseguire? Con le buone o con le cattive?

Né con le buone né con le cattive, ma semplicemente attuando il “rispetto delle regole”.

 

Un esempio anche in questo caso…

Il bambino si rifiuta di raccogliere i giocattoli, come lo faccio ubbidire?  Con le buone dicendo: Dai, fai contenta la mamma; sta così bene la tua stanzetta in ordine o con le cattive? Ti do due sculaccioni.

Né con le buone, né con le cattive; semplicemente con la “regola” che abbiamo stabilita e che tutti rispettano: “In questa casa, finito di usare una cosa, la si ripone al suo posto”, ciò vale anche per i giocattoli e ciò è sempre avvenuto.

 

Ma se non lo fa?

L’educatore deve essere assolutamente inamovibile: non avviene nient’altro! Non succede che li ripone la mamma, non si sistemeranno domani, non si va tranquillamente a guardare la tivù. Si sta tutti ad aspettare, papà a mamma concordi, che la regola sia rispettata.

Stanchi di aspettare verrà applicata “la conseguenza logica” della violazione della regola: tutti i giocattoli durante la notte spariranno e non ci saranno più. Ritorneranno? Forse, dopo molto tempo, se il disobbediente avrà dimostrato con il suo comportamento concreto relativo alle altre cose che usa di aver imparato la lezione e se avrà accettato la regola di mettere i giocattoli al loro posto dopo l’uso.

 

Ma se un genitore scopre “a posteriori” che il figlio non ha ubbidito?

Il genitore – con tono sereno, ma serio – ne parla col figlio e ascolta: c’è forse stato un impedimento più che ragionevole o può esserci il riconoscimento dell’errore, il conseguente impegno a rimediarvi subito e alla coerenza nel futuro. Non esistono altri casi, non esistono i “non avevo voglia”.

 

Tutto bello, ma che fatica

Sì certo… ricordo quella famigliola (tre figli) in pizzeria. Non ho potuto fare a meno di complimentarmi con i genitori per il comportamento dei loro bambini: Grazie – hanno detto – ma che fatica abituarli alle regole di buona educazione è stato davvero difficile.

 

In sintesi?

Fin da quando i figli sono piccolissimi: 1) Siamo assolutamente “ubbidienti” a noi stessi, rispondiamo alle richieste con sì o con no che non ammettono deroghe; 2) sostituiamo ordini o divieti con “regole” certe, sicure e durature; 3) le regole siano sempre rispettate e fatte rispettare; 4) incoraggiamo e lodiamo nostro figlio per ogni comportamento positivo più che castigarlo per condotte indesiderate.

Quanto detto, ovviamente, vale anche nelle aule scolastiche.